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Cellulari; mente; cervello; attenzione; memoria social; consapevolezza; comunicazione violenta; bullismo
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“… Se ci guardiamo intorno le famiglie vivono la quotidianità distratti dal cellulare. In treno, in auto, in giro al parco. Ci siamo persi "l'incontro", il raccontarci anche in casa. E ciò rappresenta sempre un'occasione persa sia per noi adulti che per i nostri figli.”

 

IL FENOMENO  “MALESSERE” 

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Daniela Virgilio Pedagogista; Ricercatrice e Studiosa; memoria; attenzione; sviluppo; benessere sociale

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La mitezza: una forza silenziosa per una società più umana  
a cura di

Paola Daniela Virgilio, Pedagogista e PhD in Scienze Sociali e Giuridiche

 

In un mondo che spesso celebra la competizione e la conquista, parlare di mitezza potrebbe sembrare un invito alla debolezza. Ma è davvero così? 

Al contrario, la mitezza è una virtù straordinariamente potente, un atto di equilibrio interiore che ci permette di rapportarci agli altri con rispetto, senza la necessità di sopraffarli o dominarli. Come ci ricorda Norberto Bobbio nel suo "Elogio della mitezza", questa qualità non è sinonimo di remissività, ma di un atteggiamento attivo e consapevole.

La mitezza, infatti, è “accoglienza autentica dell’altro”, il lasciar essere l’altro ciò che è, senza volerlo modellare secondo i nostri desideri o le nostre aspettative. È l'antitesi della prepotenza, del rancore, della vanagloria. Ma attenzione: non si tratta di rinunciare al proprio valore o di farsi sopraffare, bensì di scegliere di non partecipare alla “guerra di tutti contro tutti”. È un esercizio di “potere su di sé”, di dominio delle proprie emozioni e pulsioni, che si traduce in compostezza, equilibrio e apertura.

La mitezza come atto pedagogico 

Dal punto di vista pedagogico, la mitezza si rivela una risorsa inestimabile. Un educatore mite non abdica al proprio ruolo, ma lo interpreta attraverso l’ascolto, la comprensione e il rispetto dei tempi e delle peculiarità dell’altro. La mitezza in educazione non significa cedere a ogni richiesta, ma accompagnare senza imporre, correggere senza ferire, educare senza dominare.

La nostra epoca, sempre più frammentata e polarizzata, ha un disperato bisogno di una rivoluzione silenziosa: quella della mitezza. Nelle relazioni educative, familiari, sociali, un approccio mite può abbattere le barriere, disinnescare i conflitti e aprire la strada a un dialogo autentico. Essere miti non significa accettare passivamente le ingiustizie o chiudere gli occhi di fronte al dolore altrui, ma affrontare le sfide con un’energia diversa: quella della “gentilezza”, del "rispetto" e della “profonda umanità”.

La mitezza, come afferma Bobbio, è una disposizione che non richiede reciprocità per esprimersi appieno. Non si aspetta un riconoscimento, non domanda un contraccambio: semplicemente, è. In questo risiede la sua forza trasformativa. Il mite non cerca gloria né vendetta, ma semina quotidianamente i germi di un mondo più giusto e più umano.

Immaginiamo una società dove la gentilezza e la mitezza non siano viste come debolezze, ma come “pilastri di convivenza civile”. Dove il rispetto per l’altro non sia subordinato alla possibilità di un vantaggio personale. È un’utopia? Forse. Ma è un’utopia che vale la pena coltivare.

 

 

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